Dwain Esper
The King of the celluloid gypsies
Provincia americana. Esterno. Anni trenta. Zoom su un’auto che corre sulla strada. Primo piano dell’autista: un certo Dwain Esper. Primo piano del passeggero: una certa Hildegarde Stadie. Carrellata sul carico dell’auto: un tendone da circo, bizzarri oggetti promozionali, un cadavere imbalsamato e altre cose. Volendo si può mettere all’inseguimento dell’auto la polizia.
Questa è una probabile scena di vita quotidiana che sarebbe perfetta come inizio di un film dedicato alla vita di Dwain Esper e gentile consorte, Hildegarde Stadie. Credeteci, se lo meriterebbero. Perché questi due sono stati dei personaggi incredibili del mondo del cinema. Furbi, maneggioni, rappresentano l’anello di congiunzione tra fiere, circo e cinema, oltre a essere il padre e la madre dell’exploitation. D’altronde Esper si autodefinì “The King of the celluloid gypsies”. E questa è la sua, o meglio loro, folle storia. Una storia spesso oscura e poco conosciuta al grande pubblico.
Tra circo, fiere e cinema
Dwain Esper nasce nel 1893 nello stato di Washington e lavora come imbonitore alle fiere in giro per gli Stati Uniti, anche se qualcuno dice che invece fosse un imprenditore edile di successo. Ci piace più la prima versione ed è quasi sicuramente così che incontra la sua futura moglie Hildegarde Stadie. Alcune fonti riportano che anche Hildegarde fa una vita da girovaga. È la nipote di un venditore ambulante di “portentose” medicine e a quanto pare uno dei numeri la vede protagonista, nuda, con un pitone sulle spalle.
I due s’incontrano, s’innamorano e si sposano. Esper nei primi anni trenta, compra quasi per caso una piccola casa di produzione indebitata e poi ha un’incredibile e malatissima intuizione.
Anche se siamo negli anni della Grande Depressione e la gente non ha di che vivere, scopre che se stuzzicate da proposte sensazionali le persone, al cinema ci vanno volentieri.
È l’inizio di una lunga serie di produzioni, ri-editing e distribuzioni di pellicole che mettono di fronte il pubblico a grandi e shoccanti pericoli (per il periodo ben s’intende). Beh, se non si è ancora capito, i due non avevano intenzioni moralizzatrici o educative, ma solo di guadagnare il più possibile. E qui c’è l’anello di congiunzione tra fiere, circo e cinema. Perché i loro film non erano destinati alle sale, ma a piccoli tendoni piazzati in sperdute città della provincia, spesso senza permessi, con le autorità che si accorgevano del fatto e delle cose “proibite” che mostravano tempo dopo o giusto in tempo per inseguire i due in auto. I posti erano addobbati come se fosse una fiera con cartelli promozionali e in seguito appare pure il cadavere mummificato di Elmer McCurdy, un rapinatore americano, il cui corpo è stato usato da diverse persone per fini commerciali. Ma è un’altra folle storia.
Tra sesso e droga
Il “circo Esper” inizia ufficialmente nel 1932 con “The Seventh Commandment” scritto da Hildegarde e girato da Dwain ed è il primo monito dei due alla popolazione, ai giovani per l’esattezza. Si parla di adulterio. Purtroppo la pellicola è scomparsa nel nulla.
Ma è con “Narcotic” del 1933 che il nostro inizia a manifestare il suo talento. Ok, l’idea sarà un po’ bizzarra ma è di sicuro impatto. Dwain Esper compra ed esibisce il cadavere di McCurdy asserendo che i visibili problemi della pelle del morto sono l’effetto della droga. “Narcotic” vuole dimostrare, infatti, come la droga possa rovinare la vita e la carriera di chiunque. Il protagonista il Dottor William G.Davies da ottimo e promettente medico in grado di salvare vite finisce in un giro di sostanze stupefacenti che chiaramente lo rovina, toccando l’apoteosi con un festino a base di droga che sconvolge, in maniera diversa, tutti i convenuti.
Esper si stacca per qualche tempo dall’argomento sostanze proibite, buttandosi nella moralità con “Modern Motherhood” (1934) pellicola incentrata su una coppia che deve decidere se abortire o tenersi il figlio.
Poi ispirato da “The Cat” di Edgar Allan Poe cerca la strada dell’horror. “Maniac” del 1934 è un film allucinante, cupo e con scene davvero shoccanti, che tratta le malattie mentali. Forse un tentativo di alzare il livello che però fallisce miseramente. Il pubblico degli Esper preferisce gli scandali.
La marijuana, il nemico numero 1
Nel 1937 esce “Marihuana” un’altra pellicola che tratta parla della droga e che anticipa il primo grande “cult” di Esper, “Reefer Madness”. Ne parliamo meglio nella nostra recensione, ma questo film è il classico fortunoso colpo trash che rimane scolpito nel tempo nella memoria del pubblico.
Nel 1936 un gruppo ecclesiastico chiede al regista francese Louis Joseph Gasnier di girare un film contro la marijuana considerata all’epoca, il nemico numero uno. “Tell your children” è il titolo. Qualche tempo dopo, Esper acquisisce la pellicola, fa qualche cambiamento e cambia il titolo in “Reefer Madness”. Ed ecco una drammatica storia su come un paio di canne rovina la vita al brillante studente Bill Harper, alla sua fidanzata e agli amici. Tra morti ammazzati, stati di allucinazione e pentimenti “Reefer Madness” è per noi una brillante (involontaria) commedia che dopo essere stata dimenticata per anni, è recuperata negli anni settanta dall’attivista pro marijuana Keith Stroup e dal politico Karl Rove che, in ambiti diversi, iniziano a proiettarlo. Nel 2004 la “20th Century Fox” fa uscire il DVD.
Sex Madness
“How to take a bath”, “How to undress in front of your husband” sono due corti “educational” come suggeriscono i titoli che anticipano con “The march of crime” l’altro capolavoro di Dwain Esper: “Sex Madness”.
Sulla falsa riga di “Refeer Madness”, questo film, mette di fronte gli spettatori alla terribile sorte che spetta a chi ha una vita troppo libertina.
La sifilide, malattia in auge all’epoca è al centro della struttura. Millicent Hamilton che dalla provincia si sposta a New York in cerca di successo, entra nei classici brutti giri. Contrae la sifilide, torna a casa e infetta il marito e il futuro figlio. Esper inserisce scene mediche sulla malattia e anche ammiccanti momenti erotici.
Il circo chiude e c’è anche Freaks
La carriera di Esper ha ancora due altri colpi, che arrivano dopo la Seconda Guerra Mondiale. “Curse Of The Ubangi” del 1946 e soprattutto “Will It Happen Again?” del 1948 unico, reale, tentativo di Esper di insegnare qualcosa documentando il periodo del nazismo. Dopodiché sparisce dalle scene, pare conduca una vita tranquilla con i figli e la moglie fino al 1982 anno in cui muore. Hildegarde Stadie muore undici anni dopo.
Una carriera bizzarra, spregiudicata per i tempi che comprende anche altre pellicole comprate e ridistribuite, come il film scandinavo “Sången om den eldröda blomman” (in italiano “Il Canto del fiore Scarlatto” che con Esper diventò “Man’s way with Women”), l’esotico “Angkor” del 1935 un lontano antenato dei Mondo Movie o ancora “Hell-A-Vision” ri-editing massiccio e folle dell’italiano “L’inferno di Dante”.
Ma il titolo più eclatante resta “Freaks”. Proprio quel “Freaks”. Quel capolavoro tristemente famoso che rovinò la vita del leggendario regista Tod Browing.
E questa è la storia di Dwain Esper con l’immancabile Hildegarde Stadie. Una serie di avventure che fanno nascere una domanda: “Come mai Ed Wood è stato omaggiato, ed è un regista di culto ed Esper (ma anche altri) sono stati dimenticati o snobbati dal cinema moderno?”.
Bella domanda. La risposta più plausibile e che condividiamo è che nei film di Wood abbiamo un’aurea trash e demenziale in quelli di Esper invece pur essendo alcuni involontariamente comici. c’è un’atmosfera lugubre e pesante che li porta a essere soltanto fatti male. Ma noi speriamo lo stesso di vedere un film su Dwain Esper.
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