Liebes Lager
I Fatti narrati in questo film non sono mai successi. Ma avrebbero potuto succedere. Perché, in qualsiasi situazione, sotto qualsiasi regime, in qualsiasi clima, l’unione degli uomini per soggiogare le donne e farne oggetto, è immediata, spontanea addirittura fatale. Sotto questo profilo, questo film vuol essere un simbolico omaggio alla donna, nella sua lotta per sottrarsi alla fallocrazia
Leggenda vuole che questo film sia scomparso per un bel po’ dalla circolazione. Poi colpevoli quelli di “Nocturno” e qualche altro archeologo del trash è tornato a noi in tutta la sua bruttezza.
Da un lato viene da dire che era meglio perderlo che trovarlo, dall’altro dobbiamo ammettere che la nostra (e la vostra) morbosa fame di filmacci, ci porta a guardare con attenzione questa sottospecie di nazisploitation italiano del 1976 per la regia di Lorenzo Gicca Palli, che in carriera si è occupato più di sceneggiature che di regie.
La storia racconta di un campo di prigionia un po’ diverso dal solito. Un posto nel quale sono rinchiuse le donne imparentate con ufficiali traditori o semplici traditori del regime. Non è come tutti gli altri posti. Anzi, qui, è tassativamente vietato importunare o avere rapporti sessuali con le prigioniere, a parte, s’intende, la visita medica di ingresso. Ma come al solito qualcuno si ribella agli ordini, qualche detenuta vuole provocare e qualcuno muore, soprattutto tra gli stupidi ufficiali appassionati di impiccagione (?).
La svolta arriva con l’intelligentissima idea, si fa per dire ovvio, di far diventare questo campo di prigionia un enorme bordello per un campo di prigionia maschile che sorge lì vicino. Caos finale.
Kieran Canter il protagonista del mitico “Buio Omega” è uno dei personaggi principali. Non che nel film di D’Amato sia meglio, ma qui è veramente pessimo, inespressivo e banale. A parte Luciano Pigozzi che abbiamo visto più volte con Bava e in tanti altri film di vario tipo gli altri interpreti sono spariti subito dalle scene. Il cinema ringrazia.
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