La fine dell’innocenza
-Non dimenticare che senza il mio appoggio tu sei finito. Sono qui per offrirti una transazione. Ti andrebbero bene mille dollari?
-Ma io le voglio bene
-Allora duemila
-E anche lei mi ama
-Diciamo cinquemila, ma guarda che è l’ultima offerta
Enrico Beruschi, ciclista, si distrae guardando la protagonista che si cambia i vestiti in auto. Due turiste tedesche analizzano con fini moralizzatori un’orrenda scultura a forma di pene. In un casinò la posta in palio è il corpo stesso di chi gioca. Si scherza e si ride su una cintura di castità e su altre cose, minimizzando pure lo stupro ai danni della protagonista.
Si stigmatizza la società o è un tentativo (a volte un po’ maldestro) di alleggerire il senso di un film che abbraccia il tema “lolite” e la saga delle “Emmanuelle” (con e senza due M)? Un dubbio che ci viene guardando questo film del buon Massimo Dallamano, che punta senza troppi giri di parole a farci vedere il decadimento della società e soprattutto di una certa borghesia annoiata.
Il regista segue la moda del periodo, piazzando la storia a Hong Kong (ottimamente fotografata) e mettendo una quantità di nudi industriali che hanno per protagoniste quasi tutte le donne del cast.
La storia de “La fine dell’innocenza” è lineare e segue una sua logica di caduta e risalita della protagonista che si libera, alla fine, sia fisicamente sia spiritualmente. Dallamano è oggettivamente un ottimo regista e sa muoversi bene dietro la macchina da presa, sottolineando sia l’ambientazione sia la bellezza delle attrici piazzando anche qualche scena erotica.
Qualcosa però che non funziona dai rilievi comici fino ad arrivare una storia che copia, senza nascondersi, altre pellicole del genere. Bilancia gli errori, un ottimo cast, capeggiato da Annie Belle, la protagonista, che come sappiamo anche in seguito ricopre ruoli simili e con l’inglese Felicity Devonshire, Al Cliver, Charles Fawcett e Rik Battaglia. C’è pure Ciro Ippolito in una parte primaria e Ines Pellegrini in un ruolo di buddista con la testa rasata.
Annie Belle che nello stesso anno gira “Laure” e “Velluto Nero” è Annie la giovane protagonista. Prelevata dal padre Micheal da un istituto di suore si reca con lui, uomo d’affari, a Hong Kong. Lui non è il padre, ma una sorta di pigmalione che preserva la sua verginità accontentandosi di rapporti orali sulle note de “La gazza ladra” di Rossini.
In Asia la coppia incontra alcuni amici di Micheal. Una cricca borghese composta da uomini d’affari, artisti e gente nulla facente. Micheal viene arrestato e Annie si trasferisce nella casa di Linda e Angelo (Felicity Devonshire e Ciro Ippolito), scatenando tutte le loro fantasie e accendendo la caccia alla sua verginità. Uno stupro durante una festa (forse perpetrato da Angelo) mette fine all’innocenza e segna l’inizio di morbosi intrecci. Annie s’innamora di Philip (Al Cliver) famoso artista e fugge con lui. Ma la coppia, la ricompra e la tiene in casa usandola e umiliandola per i propri desideri fisici. La ragazza sempre più al fondo della sua esistenza riesce a liberarsi e a fuggire dalla morsa di quest’ambiente, grazie a un gruppo di buddisti.
Anche se non tutto fila per il verso giusto, bisogna ammettere che la storia è piena di eventi e non ha momenti lenti, non è originale ma gradevole per il suo genere.
Scheda Tecnica
Titolo Originale: La fine dell’innocenza
Titoli alternativi: The End of Innocence Teenage Emanuelle (internazionali), Emanuelle’s Daughter Blue Belle (Australia), Noches pecaminosas de una menor (Spagna), Blue Belle (UK), To telos tis agnotitos (Grecia), Quando acaba a inocência (Portogallo), Конец невинности (Russia), Annie Belle – Zur Liebe geboren, Joy of Love, Teenage Emanuelle – Geständnisse einer 17jährigen (Germania)
Regia: Massimo Dallamano
Anno: 1976
Nazione: Italia/UK
Cast: Annie Belle, Ciro Ippolito, Felicity Devonshire, Charles Fawcett, Rik Battaglia, Linda Lin Di Ho, Ines Pellegrini, Al Cliver
Casa di Produzione: Italian International Film, Coralta Cinematografica, Barongreen
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