Romolo + Giuly:
La guerra mondiale
italiana
Ho visto morire amichi mia ner gelo di Vigna Clara, ho attraversato da solo il vallo di monte Milvio, nell’ora dell’apertivo, ho rapito quattro vergini dei Parioli e tu sai quanto è difficile trovare una vergine ai Parioli
In questo caso più che chiamarlo gioiellino sarebbe giusto descriverlo con il nome di uno dei piatti della tradizione romana. Oppure Pupone.
Ecco sì, “Romolo + Giuly” è il Pupone delle serie TV. Quei talenti sempre più rari che si vedono di tanto in tanto e che spuntano dal nulla e che per quanto uno possa essere di un’altra “squadra” (cioè non capire il contesto) ne riconosce le qualità e lo apprezza con affetto.
Va detto che non essendo di Roma non è stato subito facile seguire i riferimenti di “Romolo + Giuly” e c’è voluto l’aiuto di qualche amico romano che spiegasse un po’ di cose, tipo se c’è una rivalità tra Roma Nord e Roma Sud. Comunque qui non ci si ferma alla capitale, ma si coinvolge tutta Italia con un’efficacissima parodia che giustifica il sottotitolo “la guerra mondiale italiana”.
La cronaca riporta che circa due anni fa al “Roma Web Fest” sale all’attenzione di tutti un video di circa 10’ proiettato in anteprima al Maxxi durante la cerimonia di premiazione del Festival. Diretto da Michele Bertini Malgarini e prodotto da “Zerosix Productions”.
A gennaio di quest’anno “Fox” annuncia la realizzazione di otto episodi che escono in autunno. La squadra naturalmente non cambia, Malgarini è sempre alla regia oltre che alla sceneggiatura scritta con Giulio Carrieri e Alessandro D’Ambrosi e soprattutto quello che non cambia è la forza comica e la potenza parodistica a 360°.
Perché sì, il fondo è il noto dramma che qui si traduce con Romolo Montacchi (Alessandro D’Ambrosi), figlio di una ricca famiglia di Roma Sud che s’innamora di Giuly Copulati (Beatrice Arnera, dal Piemonte!) parte di una ricca e snob famiglia di Roma Nord. Due fazioni in lotta da tempo.
Ma questo è un pretesto per ridere sull’Italia e sull’italiano, sugli usi e sui costumi e sulle divisioni campanilistiche. A parte i due giovini (uso giovini per avvicinarmi a Shakespeare) ci sono di contorno altre situazioni di lotta. Don Alfonso (Fortunato Cerlino star di “Gomorra” che si auto parodia), napoletano, che per l’odio che nutre nei confronti di Roma si allea con il siciliano Don Calogero e soprattutto con una gang milanese per distruggere e conquistare Roma e poi far rinascere il Regno delle Due Sicilie. Stesso obiettivo, distruggere Roma, che hanno anche i milanesi, guidati da Mastrota (che si è beccato pure gli insulti per questo suo “odio” verso Roma) e dal pupazzo Tciù (non è un pupazzooooo).
Il risultato è una serie veloce, che inizia in maniera sfavillante e non delude le attese in tutte le sue otto puntate (per quanto trovi il finale fin troppo assurdo). Battute brillanti, intelligenti e una serie infinita di citazioni cinematografiche, forse pure troppe, che vanno da “Arancia Meccanica”, a “Star Wars”, passando per “Harry ti presento Sally” e per il personaggio di Pablo Escobar che si mischia con una citazione di Verdone.
È dai tempi di “Boris” che in Italia non si rideva così tanto ed è dai tempi di “Tromeo & Juliet” che qualcuno non faceva una grande parodia del Bardo.
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