A Prisão

A Prisão



Behind Bars No One Can Hear YouScream

Pensiamola positivamente, cioè che quanto visto qui è una giusta svolta nel “Women In Prison”. Una pellicola leggermente diversa dal solito. Non che il regista brasiliano Oswaldo De Oliveira ci stupisca con qualcosa di sensazionale, ma gli va riconosciuto in effetti d’aver leggermente cambiato strada.
Il problema però è che questa nuova strada è per metà un’esplosione ridondante di lesbismo e per l’altra un eccesso di violenza quasi splatter.

Per il resto è la solita storia. Scopriamo quindi che anche le prigioni femminili dei “WIP” brasiliani sono un postaccio pieno di lussuria e torture, esattamente come quelle del resto del mondo. Non manca la direttrice lesbo, le guardie che amano fare sesso con le prigioniere e quest’ultime che si divertono tra loro nelle celle. A Prisão
E anche i vestiti hanno la stessa fragile resistenza vista in altri penitenziari. Si strappano con facilità rivelando la totale assenza di indumenti intimi. Torture, infine, da manuale, tra topi e getti di acqua fredda. Tutto nella norma. 

Ma in “A Prisão” i dettagli sono più spinti, ripetuti spesso e a volte pure un po’ involontariamente comici. Un po’ stancante alla lunga questa visione, che ci mostra le guardie che mettono le mani nelle celle, la direttrice che se la spassa con la vice e con le prigioniere, l’infermiera appassionata di detenute ma anche di ananas e un fornitore, maschio, che approfitta della situazione. Ogni attimo, per farla breve, dove è possibile qualcuno fa sesso.

Qui finisce la prima parte.A Prisão Dalla fuga, altro classico dei “WIP”, il film svolta. Se prima c’era morbosità, da quando le carcerate fuggono tutto diventa più violento, a tratti splatter sempre mantenendo i caldi istinti.
Inizia così un lungo carosello di peni tagliati per vendetta, persone uccise e rappresaglie della polizia che si butta a cercare le fuggitive. C’è pure un ragazzino che fa una brutta fine.
Ci si aspettava l’epilogo e invece ci si trova catapultati quasi in un’altra storia, più sanguinosa. L’idea di base male non è, ma è la voglia di mostrare troppo, di spingere all’eccesso, che porta “A Prisao” ad essere un film quasi paradossale e pure un po’ noioso. Non male comunque ambientare diverse scene nelle favelas, location che accrescono la drammaticità e lo squallore del contesto.A Prisão

Realizzato in maniera più che scarsa e recitato ancor peggio, “A Prisão” ha dietro la macchina da presa il già citato Oswaldo De Oliveira, omonimo di un allenatore di calcio, un regista dal curriculum interessante, per noi s’intende, che ha dato vita a tanti “exploitation” brasiliani non disdegnando di provare sotto categorie. 

Tra le attrici notiamo Marta Anderson, di origine ebreo-tedesca vinse molti concorsi di bellezza per poi provare la via del cinema a Rio De Janeiro. Tra Soap Opera e “B movie” ebbe anche il tempo per una vita amorosa piuttosto travagliata. Nel 1977 rischiò di morire per una brutta malattia, salvatasi diventò una fervente religiosa, mentre la sua carriera artistica ebbe grandi riconoscimenti di critica anni dopo, quasi a quaranta anni, grazie al teatro. Ritirata dalle scene è una produttrice televisiva e teatrale.

 

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A PrisãoScheda Tecnica
Titolo Originale: A Prisão
Titoli Alternativi: Bare Behind The Bars (internazionale), Desnuda Tras las Rejas (Messico), Prison of Dead – Mädchen schutzlos hinter Gittern (Germania)
Nazione: Brasile
Anno: 1980
Regia: Oswaldo De Oliveira
Cast: Maria Stella Splendore, Marta Anderson, Danielle Ferrite, Neide Ribeiro, Sonia Regina
Durata: 95′
Casa di Produzione: Ao Lixao Comercio de Moveis Ltda., Galante Filmes

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