La Casa di carta 5
Prima Parte
Anche se vi appare la Vergine Maria che balla il reggaeton voi continuate a fondere
Uccisi da un’overdose di sapone, nel senso di soap opera, nella precedente serie, c’era da aspettarsi ben poco dall’ultimo capitolo della nota serie di Pina.
Tipo chessò: spunta un misterioso figlio di Berlino oppure le coppie della serie continuano con i loro problemi arrivando a soluzioni con magari qualche intromissione di terzi e a contorno inaspettati momenti romantici. Hey, un attimo, un attimo, è proprio quello che succede! Però tra una serie infinita di esplosioni proiettili e, incredibilmente, qualche morto.
Una sterzata abbastanza brusca che sembra voler acchiappare anche gli amanti dell’azione, senza scordare l’amatissima fan base.
Al di là di questo interessante cambio narrativo è evidente che La Casa di Carta 5 (la prima parte, la seconda la vedremo a dicembre) stia raschiando in maniera ossessiva il proverbiale barile. Una quantità industriale di flash back a raccontarci momenti inutili del passato di alcuni protagonisti e come detto l’arrivo (sempre in flash back) del figlio di Berlino, arruolato dal padre per un astuto colpo e che spero, abbia una funzione nel presente della seconda parte, perché altrimenti ci hanno raccontato il nulla.
Momenti assurdi e paradossali che spuntano qua e là, spingono ancora una volta il tutto verso una dimensione quasi fumettistica che non sempre funziona. Un’esagerazione, il troppo, il tutto in una volta, per stupire il pubblico e per dirci che la serie c’è ancora. E del focus originale, cioè la rapina, si è persa quasi ogni traccia.
Per allungare il brodo poi, Pina inserisce nuovi cattivi. Anzi, cattivissimi. Un comando fascistissimo noto per alcune violente missioni segrete all’estero in cui finisce un rotto ma evidentemente reattivo Gandia, il cattivo (e fascista) della serie precedente. Il tutto crea una guerra tra buoni e cattivi, perdendo un po’, a mio avviso, quel senso di appartenenza con la banda dei rapinatori che ha decretato il successo mondiale delle serie.
C’è poco altro da dire, o meglio, di nuovo da dire in una serie evidentemente stanca che cerca di aggrapparsi qua e là per chiudere dignitosamente un percorso che andava terminato almeno tre serie fa.
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