“Terrore Ad Harlem”
di Umberto Lenzi
Avere la possibilità di incontrare Umberto Lenzi è una cosa che mette i brividi. Un’icona, una leggenda del cinema italiano. Un po’ di angoscia c’è: come sarà dal vivo? Ironico come ci immaginiamo oppure altezzoso visto il suo curriculum?
Passa tutto in fretta, appena arrivati, si nota Umberto Lenzi che in mezzo alla gente, che poi definisce “amici”, parla e si confronta con grande disponibilità.
Umberto Lenzi è proprio come ce lo siamo immaginato. Un maturo signore che non ha perso nè la voglia di fare e di raccontare nè un sottile humor che unito alla verve naturale toscana e al suo grande bagaglio d’esperienza lo rende un personaggio dal quale è difficile distogliere l’attenzione e dal quale si vorrebbero ore ed ore di racconti.
Dimostra poi un’intelligenza straordinaria. Morto, purtroppo, quel cinema di genere che ci ha resi famosi e invidiati, il regista continua sì a fare cinema, ma raccontandolo sui libri.“Non credo di essere Camilleri e non diventerò ricco per questi libri” è la prima cosa che dice alla presentazione del suo secondo libro “Terrore Ad Harlem” appena uscito per la “Coniglio Editore”.
La piccola sala che lo ospita è piena di gente per la maggior parte sulla trentina e affiancato da un noto critico cinematografico Stefano Della Casa, da Francesco Prono e da due scrittori, Lenzi è un fiume in piena.
“Terrore Ad Harlem” è un giallo ambientato nel 1943, durante la produzione di un film vagamente di propaganda nel quale un immigrato italiano a New York inizia un’escalation incredibile nel mondo della boxe, che lo porta a combattere per il titolo dei pesi massimi contro un uomo di colore (nel libro, vista l’epoca, detto “negro”).
Il giovane però deve anche trovare i soldi per far uscire di prigione il fratello ingiustamente incarcerato, il quale però appena liberato è freddato dai gangster. La morale del film è che l’America è un brutto posto, pieno di gente di colore e gangster. Meglio l’Italia.
E appunto durante la lavorazione avviene un omicidio sul qual indaga Bruno Astolfi. Il fulcro, cioè il film “Harlem” è un film realmente girato nel 1943 e su di esso Lenzi ha creato una storia noir.“Siamo nell’epoca in cui il regime oltre che a surrogare beni alimentari ed oggetti con prodotti autarchici sostituì il cinema hollywoodiano con produzioni del tutto similari fatte però in Italia. C’erano più o meno gli stessi personaggi trasposti ovviamente e grandi case di produzione come la Lux di Torino e c’era l’obiettivo della “Quota Cento” cioè la produzione di cento film in un anno”
“Il film – dice ancora Lenzi – racconta la storia di questo emigrato che alla fine si trova a combattere con un pugile di colore. Il problema era, per la produzione, dove trovare un centinaio di comparse di colore che facessero il tifo per il pugile, ed ecco che il regime diede l’ordine di trasportare i prigionieri di guerra sul set. L’incontro tra comparse diede vita a uno scambio umano e di beni che scavalcava le parti in guerra. Dopo la guerra “Harlem” continuò a circolare tagliato dell’ultimissima parte anti-americana e col titolo aggiunto di “Knock Out”. Sul perchè occuparsi di cinema di quell’epoca anziché dei periodi successivi, Lenzi non ha dubbi
“Il cinema di epoca fascista ha avuto un ruolo fondamentale nella storia del cinema italiano, in quanto è stato fonte d’ispirazione per tutto il neorealismo, fatto tra l’altro da registi e interpreti già attivi durante il regime (Rossellini ad esempio), ed è per questo che ritengo più interessante occuparmi di quel cinema che non del neorealismo…”
La ricerca storica e la ricostruzione cronologica di “Terrore Ad Harlem” sono stati due momenti molto complessi che hanno dato vita a una lunga bibliografia presente in appendice al libro “È una cosa che nessun altro libro giallo ha” dice orgoglioso Lenzi che per la scrittura del libro si è affidato ai suoi ricordi di bambino (all’epoca aveva dieci anni) ai consigli di esperti e appunto a una precisa ricostruzione che comprende anche la musica dell’epoca. “Ho raccontato questa storia più che altro per immagini, riproducendo termini e anche la musica”.
E la critica sembra apprezzare anche questa sua seconda opera “Ho fatto leggere il tutto a Carlo Lizzani il quale nel 1943 aveva circa vent’anni. Mi ha ringraziato dicendo che aveva ritrovato la sua vita e gli è venuto in mente di fare una fiction in due puntate. Ha proposto il tutto a una produttrice che un tempo mostrava il seno…beh…la Fenech ovviamente, la quale pur essendo in grande amicizia con me ha detto che non aveva i mezzi per una produzione così grossa. Allora…ho dato il libro a Quentin Tarantino. Staremo a vedere”.
Accantoniamo il discorso libro e visto che Lenzi è Lenzi come ovvio si finisce per parlare del suo cinema, anche perchè al termine della presentazione del libro è prevista la proiezione del suo poliziesco “Da Corleone a Brooklyn” con Maurizio Merli e Mario Merola. La domanda è quella che tutti vogliono fare e che tutti si chiedono, Lenzi anticipa e risponde senza che nessuna gliela ponga “Come mai non si fanno più film polizieschi? Il poliziesco c’è ancora, rappresentato dalle fiction che però danno un volto positivo alle vicende utilizzando attori che non hanno nulla a che vedere con la criminalità o con la polizia. E soprattutto le storie hanno sempre un lieto fine altrimenti gli sponsor non mettono i soldi. Pensate al mio “Milano odia la polizia non può sparare” Giulio Sacchi uccide tredici persone, fatto oggi una cosa del genere non verrebbe mai accettata.
Tra la fine della presentazione e l’inizio della proiezione parte la caccia agli autografi. Lenzi non si nega, anzi, disponibilissimo scherza con tutti e su tutto e a uno che gli dice “Scusi se la disturbo mi firma il libro?”, risponde “Scusarsi e di che? Semmai ti dovevi scusare se non lo compravi”.
Social Profiles