Under the Shadow
-We’ll be fine in our own home
-I’m worried about Dorsa
-What? Am I not capable of looking after my own child now?
Fantasmi o presenze demoniache nelle case sono tra i temi più usati e abusati nel cinema. Ma se la storia ha un’ambientazione originale e il regista è abile a raccontare, il tutto assume una prospettiva interessante e ammettiamolo, molto spaventosa.
Babak Anvari regista iraniano trasferitosi a Londra, realizza il suo primo lungometraggio, mischiando la cronaca, il folklore e soprattutto i suoi incubi. Nel 1988 Anvari era poco più che un bambino ed era una delle tante vittime della follia altrui, cioè uno dei tanti che doveva convivere con l’incubo della guerra. Una guerra nota, ambigua e lunghissima: quella tra Iran-Iraq, in un paese che viaggiava sempre più verso l’autoritarismo religioso.
Incubi. Paura delle bombe, di essere abbandonato, di restare solo. Il padre, medico, trasferito al fronte. Anvari dunque passa quel periodo con il fratello e con la madre, che per ragioni comprensibili, trasferisce sui figli tutte le sue paure. Uno stress che genera nei due fratelli ricorrenti incubi.
E da questo drammatico vissuto, Anvari crea “Under the Shadow”, un film co-prodotto da Gran Bretagna, Giordania (dove è girato) e Qatar. Presentato al “Sundance Festival” e già acquisito da “Netflix”, questo film ha fatto il pieno di consensi e di premi, grazie al mix di argomenti, a una regia precisa e a una fotografia che gioca ottimamente con i colori pallidi e con le ombre.
Ma oltre all’intrattenimento di genere, “Under the Shadow” ha ben più profondi significati. Dalle vittime incolpevoli della guerra, si passa al ruolo della donna in Iran e ai cambiamenti socio-politici del paese e alle relative restrizioni. Senza dimenticare che uno dei mostri ha il chador, a simboleggiare un’altra oppressione.
La protagonista è Shideh, interpretata da Narges Rashidi attrice iraniana, trasferitasi in Turchia e poi in Germania che ha vissuto, pure lei, il periodo del conflitto.
Shideh, donna emancipata che fa ginnastica guardando una VHS di Jane Fonda, vorrebbe continuare gli studi di medicina, interrotti durante la rivoluzione, ma il governo le nega il permesso per la sua vicinanza alle fazioni di sinistra. Il marito Iraj, interpretato da Bobby Naderi, è un medico che viene trasferito al fronte, lasciando così la moglie e la figlia Dorsa, da sole nel condomino in cui vivono. Iraj cerca di convincere Shideh a trasferirsi dai suoi genitori, ma la donna non vuole, un po’ per i cattivi rapporti con la famiglia di lui e un po’ per mostrare la capacità di accudire la figlia da sola (la forza delle donne iraniane).
Tra sirene e tentativi di vivere una vita normale, nel condominio si va avanti cercando di aiutarsi l’uno con l’altro. Ma un giorno una bomba inesplosa buca il tetto e uccide l’anziano abitante. Da qui in poi, strane presenze sembrano aver occupato lo stabile. Dorsa accusa la sparizione della sua bambola, un oggetto centrale nella sua vita, rifugio dai dispiaceri e compagna di vita, la cui scomparsa le provoca un’inguaribile febbre. La mamma però donna di scienza non vuole credere a queste presenze e continua imperterrita a vivere nel suo alloggio. Ancora strani fatti accadono, strane visioni e strani incubi e intanto il condominio pian piano si svuota con la gente che scappa. Quando ormai anche Shideh si è resa conto delle sinistre presenze, è troppo tardi. Non può lasciare il condominio senza la bambola della figlia.
I Jinn (o Dijin) fanno parte delle credenze popolari del Medio Oriente e sono le entità soprannaturali sospese tra la vita e l’aldilà, che tormentano i protagonisti. Esseri che non ci sono spiegati così come resta misteriosa la loro presenza.
Tornando nuovamente al fatto che abbiamo visto di tutto negli horror, Anvari riesce comunque a spaventare lo spettatore con i classici mostri inquietanti che sbucano all’improvviso e soprattutto toccando le corde giuste dell’animo degli spettatori. È abilissimo a usare bene tutto ciò che ha disposizione, ambientando buona parte della storia nel condominio, dividendo il tutto tra l’alloggio e il rifugio antiaereo. Scivola a volte su alcuni cliché del genere, come il no forzato all’abbandono della casa o con la bambola che diventa a un certo punto centrale in tutta la storia. E infine non sfrutta alcuni filoni narrativi come il bambino muto che regala a Dorsa un feticcio anti-presenze (che poi viene raccolto dalla madre). Ma a parte ciò “Under the Shadow” è un film originale, ben interpretato e catartico per il giovane regista che ci invita anche a una profonda riflessione.
Scheda Tecnica
Titolo originale: Under the Shadow
Titoli alternativi: Sotto l’ombra (Italia), Bajo la sombra (Argentina), В тени (Russia)
Anno: 2016
Nazione: UK/Qatar/Giordania/Iran
Regia: Babak Anvari
Cast: Narges Rashidi, Avin Manshadi, Bobby Naderi, Ray Haratian, Arash Marandi
Casa di produzione: Wigwam Films
Durata: 84’
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