The Deuce

The Deuce


The judges are not trying to decide whether or not something is too dirty, only whether it has any…socially redeeming value

Una serie sulle “origini del porno” è per questo sito, un’idea molto interessante. Se poi, come ovvio, tutto è ambientato negli anni settanta, in una delle città culturalmente più attive, questa diventa una serie semplicemente imperdibile. Il nostro problema però è che tendiamo a mitizzare gli anni settanta, pensando che fosse tutto un proliferare di idee spiazzanti, tra feste, Andy Warhol, locali alla moda, gente divertente e un po’ folle, vestita con camicie con il colletto a punta e con i baffoni. Ma in realtà c’è molto altro sotto, come brillantemente descritto in “The Deuce” serie di otto puntate, ideata da George Pelecanos e David Simon e prodotta anche da James Franco (esecutivo) e da Maggie Gyllenhaal.

La presenza di Pelecanos e Simon (quelli di “The Wire” per intenderci), doveva farci pensare che non sarebbe stato un racconto glitter, veloce e divertente, con gente, come detto prima, con grandi idee messe subito in opera e pronte al successo. No. Dovevamo aspettarci un racconto crudo, molto dettagliato e per nulla ipocrita, che si prende i suoi tempi, le sue pause e arriva al punto solo all’ottava e ultima puntata.

Ci troviamo innanzitutto nella Deuce il soprannome con cui era chiamata fino ai tardi anni ottanta la zona tra la 42esima strada e Broadway, quella dei teatri, dei cinema The Deucedella Grindhouse, della prostituzione e della droga. Un microcosmo di underdog, per un racconto che ci parla di esistenze a volte felici e a volte tristi o rassegnate, o di gente che insegue un sogno incrociandosi in un pezzo di New York molto difficile. Protettori, poliziotti, prostitute, mafiosi e gente che cerca di tirare avanti. Tutti in “The Deuce”, che si prende otto puntate per parlarci di tutte queste persone, senza retorica, arrivando solo alla fine a citare “Deep Throat” e dunque l’inizio della golden age del porno. Di certo le prime tre puntate lasciano un po’ dei dubbi, nel senso che la scelta narrativa di prendersi tutti gli spazi possibili, fa sorgere qualche perplessità. Ma alla distanza si resta attaccati tra empatia e sdegno a tutti i personaggi, attendendo di conoscere quale sarà il loro destino.

“The Deuce” non è solo una serie che dipinge meno poeticamente quel periodo. È anche un quadro che ci fa rivivere, grazie a una precisa riproduzione di vestiti, arredamento e abitudini, un pezzo di storia. Ci parla di sesso in maniera disincantata cercando di farci capire la prospettiva femminile e quella maschile, con l’erotismo, ampiamente presente, non a solleticare il pubblico ma a sottolineare l’ambiente. Si parla anche di malavita e di loschi affari. E naturalmente della nascita del cinema hard, passando per i filmini delle macchinette, per la feroce censura e i tentativi di aggirarla arrivando alla libertà dell’arte, con le prime produzioni artigianali e l’arrivo nei cinema The Deucedel film di Jerry Gerard con Linda Lovelace. Non una semplice serie celebrativa.

Come molte altre produzioni per la TV il cast è composto da attori di grande livello. A cominciare da James Franco che oltre a produrre e a dirigere un episodio, interpreta i gemelli Vincent e Frankie Martino, sorta di narratori o per meglio dire crocevia con cui tutti i protagonisti hanno a che fare. Vinnie è un geniale e visionario barista. Il fratello è invece un accanito giocatore d’azzardo. Finiscono entrambi per lavorare per Rudy Pipolo (Micheal Rispoli) emissario della malavita. Intorno ai fratelli Martino c’è tutto il mondo descritto qualche riga sopra.

Eileen “Candy” Merrell, interpretata da Maggie Gyllenhaal è una prostituta indipendente, senza protettore, che si vende perThe Deuce mantenere il figlio lontano. Un ruolo reso intenso da una grande prova di Maggie Gyllenhaal, forse vera protagonista della serie che dà vita a un personaggio alla ricerca di se stessa e piena di dubbi. Lei pian piano entra nel mondo del porno, portando con sé alcune colleghe, sotto gli occhi dubbiosi e arroganti dei protettori. E queste ragazze rappresentano una varietà umana non indifferente. Ognuna con i suoi problemi, alcune apparentemente libere, alcune costrette e alcune di passaggio. Un quadro a tratti romantico e a tratti triste, reso più intenso dalle figure grottesche dei pappa. Ma i filoni narrativi non finiscono qui, perché c’è ancora spazio per la corruzione nella polizia, per una giornalista che indaga sulla vita delle prostitute e per un’ex studentessa che lavora come barista.
Una colonna sonora suggestiva, non può di certo mancare e completa una serie intensa, che parla di un periodo storico fondamentale.

 

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