The Deuce 2
1978. Pleasure Was a Business, And Business Was Booming
Che George Pelecanos e David Simon, non siano due da adrenalina e colpi di scena, si può dire che sia chiaro a tutti. Sono invece due abili e meticolosi costruttori, che mattoncino, dopo mattoncino costruiscono un qualcosa, che a lavoro finito mostra tutto il suo splendore, la sua ricchezza. Questo è quello che viene in mente dopo la visione della magnifica e ultima puntata della seconda stagione di “The Deuce”. E ci dispiace che sia finita. Ma siamo contenti che ci sarà una terza (e ultima, si dice) stagione.
Ripartiamo dai già ben conosciuti personaggi, quelli che cercano di vivere o sopravvivere nella “Deuce” e che ritroviamo dopo un piccolo salto temporale (siamo nel 1978). Il trend di tutta la storia è la voglia di emergere, di cambiare e di avere una vita normale. Anche se non manca di certo chi si compiace dei propri malaffari e di una vita borderline.
Piccoli passi dei protagonisti, che sempre a piccoli passi cercano di raggiungere i propri obiettivi. I due filoni principali coinvolgono Vicent e Frankie Martino, i due gemelli diametralmente opposti, con il primo che cerca di staccarsi dalla mafia (per la quale gestisce dei club) e il secondo che si crogiola tra i suoi casini e Candy che vuole a tutti i costi entrare, come regista, nel mondo del porno. Dietro di loro il formicaio della “Deuce” produce papponi violenti e altri che scoprono che c’è di meglio nella vita, così come le loro prostitute divise tra chi cerca un posto nel crescente mondo del porno e chi vuole fuggire da tutto. E infine c’è un mondo di poliziotti corrotti, disillusi ma anche ambiziosi e pure un tentativo da parte di alcuni di salvare le prostitute dal loro destino.
Una narrazione molto lenta che nelle prime puntate fa scaturire diversi dubbi, ma che ci porta in una storia che piano piano lascia incollato lo spettatore allo schermo, fino a sublimare, nella già citata meravigliosa ultima puntata.
Ambientazione perfetta, regia precisa e ottima interpretazione. Unico neo, la colonna sonora. Una sigla un po’ moscia e poi il fatto che siamo NYC nel bel mezzo di una rivoluzione rock, ma quella musica si sente solo in un vago sfondo. Troppo cari i diritti? Troppo fuori tema? Chissà, ma anche così, “The Deuce” conferma le sue grandi qualità.
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