-Quel tuo amico che arriva domani… quel Bill è solo un collega o è il tuo uomo, siete fidanzati?
-Non esattamente, il nostro rapporto è un po’ particolare…un rapporto molto libero per tutti e due…
-Capisco il tuo desiderio di libertà ma tu non sai cosa perdi, dimmi cosa c’è di più bello di una serata a due davanti a un caminetto
-Tutte le serate?
Giornalisti e fotografi alla ricerca di scottanti verità. Il giornalismo d’inchiesta è un lavoro che può essere svolto in vari modi, corretti, non corretti o lontani dal codice deontologico. Beh, il metodo di Emanuelle non si può di certo definire ortodosso e magari la caccerebbero dall’ordine professionale ma è sicuramente uno dei più interessanti che abbiamo mai visto. Sesso. Orale, completo, etero e saffico, ai quali aggiungiamo delle caramelle a forma di pene e soprattutto la zoofilia della quale però non è la protagonista. Con questi mezzi l’eroina femminista, giornalista e fotografa di modelle, raggiunge tutti i suoi obiettivi, magari non vince il Pulitzer ma è la protagonista di un film pieno di eventi.
Joe D’Amato alla sua seconda regia nella serie “Emanuelle”, riesce a creare quello che è il più rappresentativo e anche il più forte (nelle immagini) episodio della serie.
A livello di caratterizzazione, Emanuelle raggiunge il suo apice di donna libera, sensuale e implacabile, mentre la storia è un susseguirsi di situazioni erotiche around the world (New York, Venezia, Caraibi, Washington, Africa).
D’Amato usa una formula semplice, perchè in fin dei conti non fa altro che cucire una lunga sequenza di momenti di sesso, spezzati da azioni e filosofia della protagonista. Anche se di base il film è tutto qui, funziona, non annoia e soprattutto non ha sbavature come il suo predecessore.
Certo è che i momenti creati solo per tirare avanti sono tantissimi, come quelli “scult”, vedi il cavallo masturbato o i filmati “snuff” ma D’Amato è bravo a gestire il tutto e a cercare anche una regia e una fotografia decente (in qualche punto ci riesce pure). E con la Gemser in forma, che riesce come non mai a rendere credibile la sua Emanuelle, la missione si compie.
Questo giro del mondo erotico, parte dallo studio di New York di Emanuelle, passa per uno psicopatico che la vorrebbe uccidere ma che cambia idea dopo una fellatio e prosegue in un harem di un trafficante, nel quale tra momenti lesbo ed etero mette a segno il primo scoop giornalistico della storia. Poi, a Venezia, scopre la tristezza dell’alta borghesia in una festa che sembra la versione low-cost di quella di “Eyes Wide Shut” e ancora ai Caraibi è alle prese con un resort per donne ricche in cerca di sesso. Un posto questo in cui rischia la vita, ma scappa seducendo la direttrice e pagando il taxi in natura.
Non contenta delle emozioni forti indaga su un giro di “snuff movie” smerciati da un importante politico di Washington e infine l’Africa dove si riposa, si sposa con un capo tribù e riparte per nuove avventure in una chiusura che ironizza sui media.
Un buon lavoro per il genere che raggiunge il top nelle scene “snuff”. Girate con camera a mano e con l’ausilio di Giannetto De Rossi riescono a essere molto d’impatto, tra stupri, oli bollenti, falli di ferro e mammelle tagliate. Così fatti bene che come si può immaginare crearono diversi problemi.
Naturalmente “Emanuelle In America” ha anche la versione hard core con scene aggiunte e pensate in post-produzione e con Marina Hedman tra le protagoniste.
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