Beat
Derrick, soci e cani poliziotto, sembra da un po’ di tempo che siano stati messi in cantina dai vari registi e sceneggiatori tedeschi. E per fortuna. Addio al nazionalpopolare (almeno in parte sia chiaro) e benvenute serie che osano e che sono riuscite ad alzare il livello delle loro storie. Tipo “Deutschland 83” e “Deutschland 86” e il ricchissimo “Babylon Berlin”. Tutte fondate tra l’altro su fatti storici. Ma è con “Beat”, a parer nostro, che i tedeschi mostrano definitivamente di saperci fare. Sia, chiaro, nulla da togliere alle sopracitate serie TV (a parte “Deutschland 86”), ma la seconda serie TV tedesca co-prodotta da “Amazon” vanta un’ambientazione a dir poco originale, che viene poi gestita al meglio.
Dietro a “Beat” troviamo l’interessante regista e sceneggiatore Marco Kreuzpainter, già autore di “Lui è tornato” e già regista di “Sommersturm” e del premiato “Trade”. Con lui una serie di giovani attori con una buona esperienza, che riescono a dare spessore a ogni personaggio della serie.
Che cosa ha “Beat” che ci ha così colpito? Non ha di certo un titolo forte (anzi, ci stava sfuggendo per quello), ma ha nei club techno-house di Berlino il suo punto di forza, che cronache dicono, siano raccontati con una certa ironia e anche nostalgia (è un po’ che manchiamo da Berlino, che state combinando lassù?). Musica, droghe, ballo, sesso (fantastiche le scene di una festa di un russo), fanno da contorno a una storia crime densa e piena di trame e sotto trame. A volte è difficile ricordarsi di tutti gli intrecci e forse in questo “Beat” eccede, ma va riconosciuto che con tutti questi eventi non c’è una puntata noiosa.
“Beat” è sì il titolo ma anche il soprannome di un noto berlinese DJ Robert Schlag (l’ottimo Jannis Niewöhner), che viene reclutato dai servizi segreti europei come informatore per i presunti loschi traffici di un certo Philipp Fosberg (il glaciale Alexander Fehling, che fece una parte anche in “Inglorious Basterds”), un uomo d’affari divenuto socio del club in cui “Beat” mostra il suo talento.
Il DJ però non è di certo uno inquadrato, anzi, è un amante delle droghe dell’alcol e naturalmente delle feste. Un vero antieroe che con il suo altalenante contributo scopre un giro di traffico di organi, di armi e pure la forte corruzione nei servizi segreti. E scopre pure il suo passato, la sua famiglia che l’ha abbandonato in un orfanotrofio.
Un inizio possente con due cadaveri appesi al soffitto della discoteca, con un losco figuro, di nome Jasper, che gira e parla dei tempi andati e della vita con Beat. Un bel personaggio questo Jasper, tra il romantico, il macabro e il surreale, che però a un certo punto viene tolto di mezzo dalla storia (purtroppo). Dopo la macabra scoperta e i classici accertamenti della polizia si potrebbe pensare che siamo di fronte a una storia in cui il protagonista indaga sull’omicidio. Invece “Beat” prende strade più complesse e tirate, aprendo, come detto a diversi scenari.
Una bella serie, con una regia e una fotografia sempre curate, tanto quanto l’ottima colonna sonora. Certo, a volte scivola nell’assurdo e a volte negli stereotipi, ma resta una bella sorpresa.
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