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A Nymphoid Barbarian in Dinosaur Hell

A Nymphoid Barbarian

in Dinosaur Hell

Where the prehistoric meets the prepubescent

Credo che sarebbe giusto regalare un modellino a grandezza naturale di un dinosauro a chi, guardando questo film, riesca a capire di cosa si tratti e di cosa parli. Senza leggere le note. Sia chiaro.
A Nymphoid Barbarian in Dinosaur Hell film di Brett Piper del 1990 è semplicemente un gran casino. Al gran casino si aggiunge la Troma che mette mano al tutto rendendo la storia che già di per sé non aveva una gran logica un vero e proprio caos. 

Brett Piper disse che un attore con cui aveva lavorato in un precedente film gli chiese di produrre un film con lui se fosse riuscito a trovare dei finanziamenti. Piper accettò e i due iniziarono a mettere mano a una vecchia sceneggiatura che il regista aveva scr...

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Roller Blade


Roller Blade

Skate or die

Sì, davvero, mi pare che qui nessuno utilizzi dei Roller Blade, ma dei Roller Skate. Cioè non i pattini con le ruote in linea ma quelli con le ruote allineate a coppie.

Fosse questo il problema, cioè il titolo, tutto sommato saremmo a posto. In realtà il problema di questo film è il caos generale che regna sovrano che va oltre allo scult.
Alla regia un esperto di b movies Donald G. Jackson prolifico regista, morto di leucemia nel 2003, ma che per nostra fortuna ha fornito un innumerevole serie di film postumi.


In “Roller Blade” ci troviamo in un post-nuke dove fascismo-comunismo (boh…) cerca di governare il mondo. O almeno gli USA...
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Into the night – Seconda Stagione

Into the night

Seconda stagione

Bunker life is almost like home life

Quelli del volo Mosca/Bruxelles, spinti dall’onda di un successo inaspettato di una serie che riassume il tutto in sei episodi di circa 35’, sono, con nostra gioia, tornati. Certo, non è facile ripetere l’exploit della prima stagione e naturalmente l’effetto sorpresa è del tutto svanito, perché sì, già sappiamo, che il sole è mortale.

Jason George, lo showrunner, riprende ancora idee da The Old Axolotl di Jacek Dukaj, già al centro della prima serie, mentre c’è un cambio alla regia con il belga Nabil Ben Yadir e la francese Camille Delamarre che prendono il posto di Inti Calfat e Dirk Verheye.
Non è facile ripetersi dicevo e George sembra saperlo bene, visto che cerca una nuova strada e soprattutto un...

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La Barriera

La Barriera

una familia, dos mundos.

È che a volte nella vita ci vuole fortuna. Ad esempio “La Barriera”, titolo originale “La Valla”, serie spagnola di Daniel Écija, ambientata nel 2045 a Madrid, esordì il 19 gennaio 2020 su Atresplayer Premium, prima di passare su Antenna 3 e poi su Netflix.
E la fortuna? Data di esordio alla mano, “La Barriera” racconta di un mondo in cui un virus ha decimato la popolazione e il governo spagnolo, con modi dittatoriali, gestisce la situazione. Così vediamo che nella capitale una barriera divide il popolo, che vive tra razionamenti di cibo e acqua, dall’establishment che invece vive una vita agiata oltre al fatto di essere quasi al sicuro dal virus.

A parte le esagerazioni distopiche/dittatoriali, dicevo che è una gran fortuna uscire ...

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Into the night

Into the night

The Darkest Hour is Just Before the Dawn

Quando il secondo pilota chiede ai passeggeri se c’è qualcuno che sa pilotare un aereo, mi è scesa una gran tristezza e una grande voglia di interrompere la visione. Ma anche un po’ quando mi sono reso conto che c’è un italiano, un turco, un russo, dei belgi e degli scozzesi e sembra l’inizio di una barzelletta.
Alla fine ho resistito e sono entrato nel mondo di questa serie belga (la prima su Netflix), di sole sei puntate. Sei puntate che senza fronzoli e senza perdere tempo ci raccontano di uno scenario apocalittico.
Idea di Jason George produttore di “The Protector” e “The Gift”, e collaboratore per “Il regista nudo”, oltre a altro, che s’ispira molto alla lontana a un romanzo di Jakec Dukaj “The Old Ax...

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I nuovi barbari

I nuovi barbari

Anno 2019 la grande guerra nucleare è finita

Enzo G.Castellari ha sbagliato la previsione sulla grande guerra nucleare che doveva finire quest’anno, ma ha azzeccato che avremmo usato pettinature orrende e auto discutibili. Beh, tutto sommato ha avuto una visione del mondo odierno ancora molto positiva.
Ha azzeccato però un film che è semplicemente un delizioso b movie fatto con cose trovate in giro, partendo dall’ovvio riferimento a “Interceptor”. Un film che ha una trama assurda tanto quanto i suoi personaggi, le loro auto e i loro vestiti.
Gli immancabili oggetti di ogni post-nuke che si rispetti sono dei buffi mezzi meccanici che ricordano le dune buggy ma con armi letali che fanno saltare teste ed esplodere corpi e soprattutto fanno il rumore di una ce...
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The Bad Batch

The Bad Batch


All the things you’ve done, have put you right here… with me. To life… life is The Dream. The only Dream. Cost lot to be here. Cost you an arm and a leg

Ho patito un doppio senso di fastidio. Per la storia distopica di un futuro terribile, tra emarginati, drogati e cannibali e necessità di sopravvivere alla faccia dei sentimenti (buon appetito!). Ci fosse solo questo nel secondo film di Ana Lily Amirpour, che scrive anche la sceneggiatura, saremmo a posto così.
Invece, ed è qui il secondo senso di fastidio, “The Bad Batch”, si perde in un delirio di situazioni prevedibili e immagini non troppo credibili per quello che vediamo...

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The Rain

The Rain


Stay Dry. Stay Alive

Piove! Virus ladro! L’apocalisse arriva in Danimarca e coinvolge pure parte della Svezia, in una serie che è una delle grandi novità di quest’ultimo mese. Perché siamo nella prima produzione danese di “Netflix” (che continua con un’apertura alle nuove proposte davvero interessante) e probabilmente nel primo post-nuke ambientato lassù. In effetti, la Danimarca e la Scandinavia, in genere, ci hanno dato in questi ultimi anni diverse e interessanti serie thriller, ma mai, a memoria (almeno) una cosa in cui si parla di apocalisse.

Quindi la questione “The Rain” si fa interessante, anche se di serie sull’apocalisse ne sono piene le fosse e questa cosa fa scattare l’allarme di essere davanti a un già (stra)visto...

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Fear The Walking Dead

Fear The Walking

Dead

la paura è che continui ancora per molto

Piccola storia triste di speranze disilluse. È da febbraio 2016 che guardo con passione “Fear The Walking Dead” lo spin-off di “The Walking Dead”, perché spero che di assistere a un evento che aggiunga qualcosa alla saga dei morti che camminano della premiata ditta AMC. Ma niente.
E non è colpa mia o della spasmodica voglia di vedere dove la cattiveria umana possa andare o di come gli zombi possono mangiare “i morti che camminano”, ma è di chi ha creato l’attesa e instillato le false speranze. Perché ricordo bene che “Fear The Walking Dead” fu annunciato come un prequel del suo fratello maggiore e che doveva essere una serie che indagava sulle cause di questa invasione...

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Barb Wire

Barb Wire

Don’t call me babe!

Pamela Anderson che all’epoca aggiungeva Lee al suo cognome, mostra le tette sui titoli di testa e ci consola del fatto che “Barb Wire” anticipi l’attuale e tragica situazione politica statunitense. Siamo nel 2017, la democrazia non esiste più e il paese è sotto la legge marziale. A parte prevedere due guerre civili, possiamo dire che non siamo molto lontani dalla realtà.

E le tette della Anderson, all’apice della carriera, sono anche la migliore cosa di un film d’azione e post-nuke che dopo un inizio convincente, composto da un paio di scene d’azione, una di tortura e un pezzo musicale, si perde in una marea di scemenze. E non ci fa più vedere le tette di Pamela. 

Ispirato all’omonimo fumetto questo film diretto da David Hogan e scritto da Ilen...

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